YOUTH – LA GIOVINEZZA. RECENSIONE

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Fred Ballinger (Michael Caine) è un ottantenne compositore e direttore d’orchestra, ritiratosi ormai da anni. È in vacanza in un lussuoso hotel sulle Alpi svizzere insieme al suo consuocero e amico fraterno Mick (Harvey Keitel), regista cinematografico alle prese con la stesura di una sceneggiatura. Intorno ai due si muovono una serie di personaggi molto diversi tra loro, alcuni particolarmente eccentrici.
La caducità del tempo segna più di ogni altra cosa l’esistenza di un essere umano. Lo leggiamo sui corpi, scrutati con insistenza dalla cinepresa di Sorrentino (e splendidamente illuminati da Luca Bigazzi), da quello perfetto di una procace Miss Universo a quello in disfacimento dell’ex calciatore più grande del mondo. Ma lo leggiamo soprattutto nelle anime, come in quelle di Fred e Mick che, nel crepuscolo delle loro vite, riflettono su errori, rimpianti, figli, amori e segreti che giacciono inconfessabili nel profondo dei propri cuori. Guardare indietro, in particolare alla bramata giovinezza, non significa però solo affondare nella nostalgia, ma anche cercare delle risposte per affrontare il futuro, rendendolo magari imprevedibile.
Con il suo settimo lungometraggio Sorrentino si conferma quello che è, un regista di grande talento, capace di cambiare registro e fare un film completamente diverso dal pluripremiato La grande bellezza. Youth è un’opera complessa, ma mai astrusa, che alle successive visioni potrebbe aver da dire ancora molte cose. Impeccabile Michael Caine nei panni di Fred Ballinger, personaggio legato da un filo rosso agli altri protagonisti sorrentiniani, da Pisapia a Gambardella. Come in ogni film del regista napoletano, anche qui c’è un monologo memorabile: lo recita, con pregevole intensità, la bella Rachel Weisz.

Voto: 4/5

Youth – La giovinezza (Youth), Svizzera-Gran Bretagna-Italia, 2015. Regia: Paolo Sorrentino. Interpreti: Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano, Jane Fonda, Madalina Ghenea. Durata: 1h e 59’.

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