SUBURRA. RECENSIONE

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Roma, novembre 2011. Nella Capitale si incrociano i destini di Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino), un parlamentare corrotto e dissoluto, Sebastiano (Elio Germano), un PR figlio di un famoso costruttore, Samurai (Claudio Amendola), il più importante rappresentante della criminalità romana, e Numero 8 (Alessandro Borghi), un giovane boss di Ostia che sogna di trasformare la sua terra in Las Vegas.
Tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo (cha hanno collaborato con Stefano Rulli e Sandro Petraglia alla stesura dello script), il secondo lungometraggio per il cinema di Stefano Sollima si apre e si chiude facendo riferimento (senza far nomi) a due vicende importantissime della storia italiana recente, le dimissioni di Papa Benedetto XVI e quelle di Silvio Berlusconi da Presidente del Consiglio. Eppure Suburra non è affatto un instant movie. Attraverso la Roma cupa in cui si muovono personaggi privi di ogni legge morale, Sollima dipinge un affresco dei tempi bui che attanagliano il nostro Paese. Politici privi di un briciolo d’etica, malavitosi senza codice d’onore, eminenze grigie, speculazioni edilizie, omicidi, suicidi, ricatti, prostituzione, droga: un vero e proprio inferno che non lascia intravvedere nessun segnale positivo in cui sperare.
Forse l’estrema cura dell’estetica e del ritmo va un po’ a discapito del sottotesto, ma il film di Sollima sa offrire comunque importanti spunti di riflessione.
Davvero ottima la scelta dell’intero cast, in cui impressiona particolarmente Pierfrancesco Favino per il modo in cui ha fatto entrare nella voce, negli occhi e nelle movenze tutta l’inquietante viscidità dell’Onorevole Malgradi.

Voto: 3,5/5

Suburra, Italia, 2015. Regia: Stefano Sollima. Interpreti: Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Alessandro Borghi, Greta Scarano, Giulia Elettra Gorietti. Durata: 2h e 10’.

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