


L’ironia sottile, la risatina irrefrenabile, le patetiche sbandate d’amore e quella frase pronunciata dopo gli schiaffi alla stazione, diventata uno dei simboli di Amici miei (1975) di Mario Monicelli: “Ragazzi, come si sta bene tra noi, tra uomini! Ma perché non siamo nati tutti finocchi?”. Che grande e indimenticabile personaggio quello dell’architetto Rambaldo Melandri di Gastone Moschin! Eppure sarebbe quasi offensivo ricordare l’attore veneto soltanto per questo ruolo: passando in rassegna la sua carriera, ci si rende conto facilmente di quanto abbia dato al cinema italiano.
Nato l’8 giugno del 1929, da giovane Moschin si afferma in breve tempo prima come attore teatrale, poi come interprete negli sceneggiati televisivi della RAI. Negli anni Sessanta Gastone inizia a fare strada anche nel cinema. Tra i suoi primi ruoli da segnalare, c’è quello del fascista Carmine Passante ne Gli anni ruggenti (1962) di Luigi Zampa (una commedia assolutamente da riscoprire). Il vero successo arriva, però, con Signore & signori (1965) di Pietro Germi, dove interpreta un marito frustrato e castrato da una moglie opprimente, che perde la testa per l’avvenente cassiera Virna Lisi. Una prova magistrale, che gli frutta il primo Nastro d’Argento.
Negli anni Settanta, Moschin vive un decennio d’oro. Molti grandi autori a dirigerlo, tanti i ruoli che evidenziano la sua capacità di sapersi cimentare in qualsiasi tipo di genere. Nel 1972, ad esempio, è il duro e malinconico criminale Ugo Piazza nel cult di Fernando Di Leo Milano calibro 9, l’anno successivo indossa con credibilità i panni del leader socialista Filippo Turati ne Il delitto Matteotti di Florestano Vancini. Nel 1974 sbarca addirittura a Hollywood, per interpretare il gangster Don Fanucci ne Il padrino – Parte II di Francis Ford Coppola: i suoi duetti con Robert De Niro fanno parte della storia del cinema.
Quindi, nel 1975, diventa uno degli “zingari” di Mario Monicelli: la trilogia di Amici miei (che si conclude nel 1985 con l’episodio diretto da Nanni Loy e la vittoria del secondo Nastro d’Argento personale) fa entrare definitivamente Gastone nel cuore dei cinefili italiani.


