


1995: David Fincher, uno dei cineasti di maggior talento della sua generazione, si rivela al mondo con il suo secondo lungometraggio, Seven, riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica. Pur presentando alcuni elementi base classici del genere, la pellicola di Fincher dona nuova linfa al thriller poliziesco rinnovandolo radicalmente.
Vediamo in 5 punti le carte vincenti di un film trasformatosi in cult nel momento stesso della sua uscita nelle sale.
1. In un mondo di tenebre. Gran parte del fascino di Seven è dovuto all’ambientazione cupa scelta dal suo regista. È una città senza nome avvolta dalle tenebre quella in cui si svolge la storia, dove il Male domina senza che la gente si scuota dal torpore dell’indifferenza. Fincher riesce, così, ad inquietare profondamente senza ricorrere all’uso di scene di violenza (dei crimini del serial killer vengono mostrate solo le conseguenze).
2. Una sceneggiatura perfetta. Lo script di Andrew Kevin Walker, ricco di colpi di scena e di citazioni letterarie, è una profonda riflessione sulla perdita dei valori ed ha il merito di aver abbattuto gli stereotipi della coppia di poliziotti “bianco & nero”, “anziano & giovane”, grazie all’enorme lavoro di introspezione psicologica fatto sui personaggi.
3. Il detective disilluso. Non c’è dubbio che quella in Seven sia una delle migliori interpretazioni nell’encomiabile carriera di Morgan Freeman. Il suo detective Somerset è un concentrato di malinconia e disillusione: la crudeltà della vita e dell’essere umano hanno sradicato ogni segno di speranza dal suo cuore.
4. Il diabolico John Doe. Determinato, abile, astuto, spietato, feroce, irritante: il serial killer John Doe è uno dei cattivi più diabolici della storia del cinema. Merito di uno strepitoso Kevin Spacey che, per non rovinare l’effetto sorpresa, rinuncia persino a comparire nei titoli di testa.
5. Brad Pitt, non solo bellezza. L’istintivo e irascibile detective Mills è un altro valore aggiunto di Seven. Grazie a questo personaggio e a quello de L’esercito delle 12 scimmie (uscito nello stesso anno), Brad Pitt si scrolla di dosso l’immagine di sex symbol e dimostra di essere un attore di spessore.


