


Trecentosessanta minuti suddivisi in due atti che, se ne hai la possibilità, li guardi tutti d’un fiato senza accorgertene. L’amore del pubblico che, dopo oltre un decennio, non tende minimamente a scemare. Qual è il segreto in cui risiede l’incredibile successo de La meglio gioventù?
Molti hanno pensato – giustamente – che il grande merito del film di Marco Tullio Giordana sia quello di saper raccontare, attraverso le vicende di una famiglia, quarant’anni di storia d’Italia, formula vincente già sperimentata da Bernardo Bertolucci in Novecento. Altri sostengono – altrettanto opportunamente – che dalla sagace penna di Rulli e Petraglia siano usciti fuori talmente tanti personaggi diversi e sfaccettati, che ogni spettatore riesce per forza di cose a identificarsi e immedesimarsi in uno di loro.
Io sono convinto che il segreto di questo successo sia anche in quel formidabile gruppo di attori assemblato da Giordana, che è riuscito ad oltrepassare una linea magica che divide la finzione dalla realtà. Quando li vedi tutti insieme nella scena che precede il tragico capodanno, festanti intorno a un tavolo, ti sei dimenticato che stai guardando un film. Quel triangolo d’amore casto tra Nicola, Matteo e Giorgia è di una delicatezza vera e disarmante. Il fallimento di Giulia, che imbocca la strada sbagliata e poi sfiorisce anno dopo anno, è quello di miriadi di esseri umani. Mamma Adriana (la straordinaria Asti) che dopo la morte di Matteo sfoga tutto il suo dolore contro i libri, è reale come la più straziante delle tragedie.
La meglio gioventù abbina alla qualità di scrittura e di regia la totale simbiosi di un cast composto quasi interamente da promettenti attori: Lo Cascio, Boni, Trinca, Bergamasco, Gifuni, Sansa, Carnelutti, Gioè, Vitale. Che oggi, non a caso, sono ancora sulla cresta dell’onda.
La clip è stata realizzata da Marco Fontana in occasione della sua tesi di laurea in Storia e Critica del Cinema.


