


Quando ci si accosta alla nuova trasposizione di un capolavoro così radicato nel tessuto culturale collettivo come Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi, è quasi naturale avvertire una sensazione mista di attrazione e scetticismo, con il ricordo di alcuni gloriosi adattamenti del passato (quello televisivo di Comencini in primis) sempre pronto ad affacciarsi prepotente. L’ultimo Pinocchio rappresenta un caso ancora più particolare, visto che a firmarlo è uno dei registi italiani più influenti dell’ultimo ventennio, autore di un percorso cinematografico tanto variegato quanto coerente.
È chiaro sin da subito come la via scelta da Matteo Garrone non sia quella di prendere in contropiede lo spettatore, quanto piuttosto di costruire una sintesi fedele della storia originale senza tradire la sua personale cifra stilistica, agganciando il suo Pinocchio a un discorso che attraversa tutta l’opera filmica garroniana. Da questo punto di vista, risulta assai interessante la galleria di freaks che il regista romano ritrae con finezza e sensibilità (e con uno sguardo tenero sempre puntato sugli ultimi e i diseredati), giostrando la narrazione tra momenti dark, tocchi poetici e pungenti digressioni morali, come quella – indovinatissima – che vede il giudice-scimmione nelle vesti di strampalato garante di (in)giustizia.
Sospeso tra spiccato realismo e atmosfere fiabesche, il film non fa mai schizzare il termometro delle emozioni, ma riesce comunque a tenere vivi curiosità ed incanto, anche in virtù del notevole fascino visivo che avvolge il racconto per tutta la sua durata. La fotografia di Nicolaj Brunel e le suggestive location, l’accuratezza delle scenografie e dei costumi, l’artigianalità degli effetti speciali e la credibilità degli animali antropomorfi sono i preziosi ingredienti che, ben amalgamati, aiutano ad immergersi nel fatato mondo plasmato da Garrone.
Un mondo popolato di volti giusti al posto giusto, che lasciano ulteriormente trasparire la meticolosità e la passione del regista di Dogman. A spiccare sono soprattutto le apparizioni di personaggi sinistri e inquietanti come il Maestro (Enzo Vetrano) o l’Omino di burro (Nino Scardina), ma anche il bagliore negli occhi del piccolo Federico Ielapi e la disarmante dolcezza di Roberto Benigni, qui misurato, intenso e ispirato come non lo si vedeva da tempo immemore.
Voto: 3,5/5
Pinocchio, Italia-Francia, 2019. Regia: Matteo Garrone. Interpreti: Roberto Benigni, Federico Ielapi, Marine Vacth, Gigi Proietti, Rocco Papaleo, Massimo Ceccherini, Alida Calabria, Alessio Di Domenicantonio, Maria Pia Timo, Davide Marotta, Paolo Graziosi, Gianfranco Gallo, Massimiliano Gallo, Marcello Fonte, Teco Celio, Enzo Vetrano, Nino Scardina. Durata: 2h.


