PERFETTI SCONOSCIUTI. RECENSIONE

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Roma. Sette amici (tre coppie più Peppe presentatosi senza la nuova compagna) si ritrovano a cena con il pretesto di assistere assieme ad un’eclissi lunare. Poco dopo essersi messi a tavola, la padrona di casa Eva propone un gioco: per tutta la durata della cena i commensali dovranno leggere e ascoltare pubblicamente messaggi e telefonate.
Gli amici fraterni, l’elegante appartamento borghese, la tavola imbandita, le battute in romanesco. Il primo quarto d’ora di Perfetti sconosciuti  si apre con uno scenario visto e rivisto (o forse sarebbe il caso di dire abusato) negli ultimi anni di cinema italiano. Poi, improvvisamente (e fortunatamente), ecco la svolta con cui Paolo Genovese – che ha scritto il copione con altri quattro sceneggiatori – comincia a far brillare di originalità la storia. C’è un nuovo, inaspettato protagonista nel film: lo smartphone, uno degli strumenti che hanno rivoluzionato la nostra esistenza, scatola nera della nostra vita privata, dentro cui si nascondono i segreti più incredibili e inconfessabili.
A partire da questo punto la narrazione diventa coinvolgente, a tratti davvero incalzante. Grazie ai perfetti sconosciuti del titolo – interpretati da un gruppo di attori tutti così in parte che è impossibile preferirne uno – si ride spesso di gusto, in diverse occasioni persino di paura, perché alcuni di quei sette potrebbero essere persone a noi care o magari proprio noi stessi.
I temi toccati sono tanti, tutti importanti, e Genovese ha il merito di affrontarli senza il timore di essere spietato, a volte persino feroce. E il finale sorprendente e amarissimo impreziosisce ancora di più un film che sa riflettere su fragilità, menzogne e frustrazioni della nostra quotidianità.

Voto: 3,5/5

Perfetti sconosciuti, Italia, 2016. Regia: Paolo Genovese: Interpreti: Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak. Durata: 1h e 37′.

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