MA RAINEY’S BLACK BOTTOM. RECENSIONE

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1927. In uno studio musicale di Chicago, una band afroamericana attende la leggendaria cantante Ma Rainey per una sessione di registrazione. I quattro musicisti ingannano il tempo conversando e battibeccando sui pezzi da eseguire, sulle proprie ambizioni e sugli episodi di razzismo che hanno segnato le loro vite. Quando l’impetuosa Ma Rainey giunge finalmente in sala, la tensione tra la donna, il suo manager bianco e l’irrequieto trombettista Levee non tarderà a salire alle stelle.

Quattro anni dopo Barriere di Denzel Washington, un’altra importante opera teatrale del drammaturgo August Wilson – due volte vincitore del premio Pulitzer – si trasforma in un lungometraggio cinematografico. Stavolta, però, il grande Denzel rimane dietro le quinte, limitandosi alla produzione del film e affidando la regia al 66enne George C. Wolfe.
Come il succitato Barriere, anche Ma Rainey’s Black Bottom è caratterizzato da un forte impianto teatrale. I dialoghi sono densi, profondi e complessi, l’azione si svolge prevalentemente negli interni, tra picchi di tensione claustrofobica e qualche leggiadro break musicale. L’affascinante Chicago degli anni Venti, bagnata dalla calura estiva e colorata a tinte giallo-arancio, fa appena capolino, ma tanto basta per scaldare ancor di più l’atmosfera.
Se da un lato il film ha il merito di riaccendere i riflettori sulla carismatica “Madre del blues” Ma Rainey – al secolo Malissa Nix Pridgett (1886-1939) – il tema portante della storia è lo sfruttamento di opere e talenti dei musicisti di colore da parte dei discografici bianchi. Un argomento tanto significativo, quanto capace di approdare a più ampie riflessioni sulla discriminazione razziale e le ingiustizie sociali. E mentre i parallelismi col presente appaiono naturali, a graffiare il cuore sono soprattutto le performance di Viola Davis e del compianto Chadwick Boseman, morto lo scorso agosto a causa del cancro a soli 43 anni.
Davis domina la scena dando anima, corpo e voce a un personaggio magnetico, e riesce a rendere palpabile sia l’irriducibile caparbietà di Ma Rainey, che le malinconie scaturite dalla difficile condizione dei neri. Boseman, dal canto suo, fa vibrare le corde dell’emozione alle prese con un personaggio esuberante, sognatore, segnato irrimediabilmente da un’infanzia traumatica, regalandoci un paio di monologhi strepitosi.
Ai due intensi protagonisti se ne aggiunge un terzo, il blues, onnipresente anche quando non suonano le sue note. Quel blues che – come spiega Ma Rainey/Viola Davis – nessun bianco potrà mai comprendere fino in fondo e, quasi fosse una medicina, ha il potere di colmare e curare il vuoto esistenziale di ogni uomo e donna di colore.

Voto: 3,5/5

Ma Rainey’s Black Bottom, USA, 2020. Regia: George C. Wolfe. Interpreti: Viola Davis, Chadwick Boseman, Glynn Turman, Colman Domingo, Michael Potts. Durata: 1h e 34’.

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