LUIGI LO CASCIO COMPIE 50 ANNI: I CENTO PASSI DI UNA GRANDE CARRIERA

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Studiare medicina per poi diventare psichiatra. È questo il sogno nel cassetto di un ragazzino classe 1967, Luigi Lo Cascio, palermitano di belle speranze ignaro che una nuova passione farà cambiare il corso della sua vita di lì a poco. Proprio durante gli anni dell’università, quando è finalmente in procinto di realizzare i suoi desideri, scoppia improvvisamente l’amore per il teatro, abbandona la facoltà di medicina e si iscrive all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Gli anni Novanta li trascorre sul palcoscenico, fino a che non arriva la chiamata inattesa dal cinema. Un suo zio, l’attore Luigi Maria Burruano, lo segnala a Marco Tullio Giordana, in cerca del volto giusto per il ruolo di Peppino Impastato. Il suo esordio sul grande schermo è di quelli folgoranti. Ne I cento passi (2000), Lo Cascio sfodera un’interpretazione vibrante, commovente, arrivando a vincere il David di Donatello. Nel giro di poco tempo diventa richiestissimo e, nel 2003, giunge la definitiva consacrazione con La meglio gioventù, in cui – ancora una volta alle dipendenze di  Giordana – interpreta il protagonista Nicola Carati, personaggio che, guarda caso, di professione fa lo psichiatra.
Oggi, dopo quasi vent’anni di carriera, il neocinquantenne Lo Cascio è considerato uno dei simboli del cinema italiano del Duemila. Luce dei miei occhi (2001), Mio cognato (2003), La bestia nel cuore (2005), Noi credevamo (2010), Il capitale umano (2014), Il nome del figlio (2015) sono solo alcuni dei titoli che testimoniano come l’attore siciliano sia un interprete che cambia continuamente pelle e non smette mai di sperimentare, sempre coniugando la tecnica con il talento innato per la recitazione. “Il corpo dell’attore va usato come fosse un violino, è una questione di tecnica riuscire a ottenere quella particolare nota” è scritto nel suo autoritratto. Parole che mi fanno venire in mente una scena de La meglio gioventù, quella in cui Nicola percorre in lungo e in largo una mostra fotografica alla ricerca dello scatto che ritrae suo fratello Matteo. Lì, grazie a un semplice gesto della mano, l’intensità dello sguardo e un sorriso nostalgico che si apre all’improvviso, quella nota di violino sembra proprio di sentirla.

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