


Un film di supereroi non è un film di supereroi se non c’è un villain che spacca lo schermo. Uno dei segreti fondamentali del successo di Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti è senza ombra di dubbio lo Zingaro, uno di quei cattivoni talmente affascinanti che ti accarezza il pensiero perverso di fare il tifo per lui. A incarnarlo è Luca Marinelli, attore di formazione teatrale nato a Roma trentuno anni fa, che ha riempito i suoi occhi chiarissimi di follia e trasformato il suo sorriso in un ghigno malefico per diventare il nemico dell’eroe riluttante Claudio Santamaria.
È un personaggio destinato a rimanere nel tempo lo Zingaro, a cui Luca ha saputo donare davvero tante sfumature. Fracassa il cranio di un amico con efferatezza, poi si pulisce le mani (e la coscienza) con l’amuchina, e qualche istante dopo eccolo esibirsi in Un’emozione da poco di Anna Oxa. Ma dietro la ferocia e l’umorismo, c’è soprattutto una mente ammalata di protagonismo. E in questa società ossessionata dalle “visualizzazioni” e dai “like”, alla fine scopriamo che lo Zingaro parla anche un po’ di noi.
Il successo di Marinelli non è assolutamente casuale, basta che scopriate le sue precedenti interpretazioni per rendervene conto. A cominciare dal Cesare di Non essere cattivo di Claudio Caligari, intenso e tormentato perdente della periferia romana visto appena pochi mesi fa in sala. Oppure, per apprezzarne la versatilità, il timido e romantico toscano appassionato di lingue antiche Guido, protagonista del bellissimo Tutti i santi giorni di Paolo Virzì. Senza trascurare, poi, alcuni personaggi di contorno come lo psicolabile Andrea ne La grande bellezza di Paolo Sorrentino o il trans Roberta ne L’ultimo terrestre di Gian Alfonso Pacinotti.
Da quando è approdato sul grande schermo (nel 2010, grazie alla chiamata di Saverio Costanzo per La solitudine dei numeri primi), la sua carriera è stata caratterizzata da una continua maturazione artistica. E dopo questa grande stagione, la promessa Marinelli è diventata una delle più splendide realtà del nostro cinema.


