


È stato un autunno caldo quello appena trascorso per Alessandro Borghi, ventinovenne attore romano e nome nuovo del cinema italiano. Dopo un’esperienza giovanile da stuntman agli esordi e tanta gavetta nelle fiction televisive, Alessandro ha fatto il suo debutto sul grande schermo nel 2011, nel film Cinque di Francesco Maria Dominedò. Ancora qualche anno nell’anonimato, poi ecco l’esplosione all’inizio di questa stagione cinematografica.
Si fa notare da pubblico e critica alla Mostra del Cinema di Venezia, dove conquista il premio come miglior attore italiano esordiente per Non essere cattivo. Nell’ultimo film di Claudio Caligari, al fianco di un’altra grande promessa come Luca Marinelli, Borghi sfodera una grande interpretazione nel ruolo di Vittorio, personaggio dai due volti. Prima credibile balordo tossico (memorabile il suo sguardo allucinato durante la visione della sirenetta sull’asfalto), poi intenso padre adottivo che tenta con tutte le sue forze di risalire la china.
Nella seconda metà di ottobre arriva la consacrazione nell’attesissimo Suburra di Stefano Sollima. Il villain protagonista doveva essere Claudio Amendola, ma Alessandro con il suo N. 8 gli ruba spesso la scena. Testa rasata a zero e barba folta, corpo coperto da tatuaggi, Borghi è un temuto boss di Ostia dagli occhi irrequieti e dal grilletto facile. E mentre il film spacca in due l’opinione pubblica, gli spettatori (soprattutto i più giovani) si innamorano di lui.
Non c’è dubbio, Alessandro Borghi è ormai un nome (e un volto) su cui puntare per il futuro. A patto che il cinema italiano sia abile nell’utilizzare al meglio tutto il suo talento.


