


Lo sguardo pungente e le battute al vetriolo, l’ostinazione indomabile e la rabbia pronta ad esplodere, il viso solcato dal dolore e i silenzi su cui aleggiano i rimorsi. Mildred Hayes, la mamma in cerca di giustizia di Frances McDormand nello splendido Tre manifesti a Ebbing, Missouri, è l’emblema della stagione 2017-18, ormai giunta alla conclusione. Dodici mesi segnati indelebilmente dal caso Harvey Weinstein e dal movimento #MeToo, dodici mesi che ci hanno donato tanti personaggi femminili indimenticabili.
Senza la McDormand di Tre manifesti, l’Oscar sarebbe andato probabilmente all’emozionante Margot Robbie di Tonya, che ha saputo farci entrare nell’anima e nel cuore di Tonya Harding, talentuosa e controversa pattinatrice con un’esistenza segnata dalle violenze fisiche e psicologiche (specialmente quelle dell’insensibile madre, una superba Allison Janney).
Come dimenticare, poi, gli occhi radiosi e il sorriso disarmante di Sally Hawkins, emarginata e solitaria addetta alle pulizie protagonista di un’insolita love story ne La forma dell’acqua, o l’affascinante e caparbia cameriera Vicky Krieps, che ne Il filo nascosto fa perdere la testa allo scapolo impenitente Daniel Day-Lewis e mette all’angolo l’arcigna sorella di lui, interpretata dall’ottima Lesley Manville.
Non può mancare all’appello ovviamente Meryl Streep che, nel dramma storico-politico The Post, dipinge con morbide ma vivide pennellate la coraggiosa editrice Katherine Graham, un esempio di emancipazione sempre valido e attuale.
Menzione speciale per l’adolescente Lady Bird di Saoirse Ronan e la quarantenne Ginny di Kate Winslet ne La ruota delle meraviglie, due donne assai differenti per carattere e vissuto, ma accomunate dalla voglia di ribellarsi a un destino che appare segnato.
In chiusura voglio citare le protagoniste di due film che in sala avrebbero meritato più fortuna. La prima è la bravissima francese Agnes Jaoui di 50 primavere, commedia agrodolce di Blandine Lenoir che racconta con estrema sensibilità i cambiamenti che stravolgono la vita della cinquantenne Aurore. L’altra è la danese Trine Dyrholm, che in Nico, 1988 è Christa Päffgen in arte Nico, ex cantante dei Velvet Underground decisa a reinventarsi come solista: un’interpretazione strepitosa per un piccolo grande film firmato dalla regista italiana Susanna Nicchiarelli.


