


Esistono pochi strumenti di riflessione potenti come il mezzo cinematografico. Soprattutto quando c’è da raccontare un dramma inenarrabile come quello della Shoah, pagina nera dell’umanità che la settima arte ha sviscerato attraverso una filmografia sconfinata e condita di molte pellicole memorabili.
Tra queste vi è senz’altro La scelta di Sophie (1982) di Alan J. Pakula che, oltre a offrire uno sguardo particolare sui sopravvissuti all’esperienza dei campi di concentramento, contiene quella che è probabilmente la sequenza più straziante dedicata all’Olocausto.
Ambientato nella New York del 1947, il film ruota intorno a Sophie Zawistowska, una donna polacca reduce da Auschwitz, e immerge gradualmente lo spettatore nei ricordi della protagonista, culminanti nella celebre “scena della scelta”.
Dura una manciata di minuti e non vi sono rappresentate uccisioni né spargimenti di sangue, eppure questo pezzetto di pellicola ha la capacità di racchiudere in sé tutto l’orrore della Shoah. Pakula riesce a descrivere con un istante di cinema quella che Primo Levi definì la “demolizione” di un essere umano.
In una cinerea atmosfera intrisa di terrore e crudeltà (ben evocata dalla fotografia di Néstor Almendros), Sophie viene obbligata da un ufficiale nazista a scegliere quale dei due figlioletti salvare dalla morte. Oltre a infliggere la pena più grande per un genitore, ovvero la perdita di un figlio, il sadico ufficiale inietta nell’animo della donna una dose letale di senso di colpa. Perché non rimanga nella vittima – per dirla sempre con un concetto chiave di Levi – neppure la consapevolezza di essere innocente.
Si racconta che Meryl Streep (autrice di una performance eccezionale, premiata con un sacrosanto Oscar) abbia voluto girare questa scena una sola volta, trovandola psicologicamente troppo dolorosa ed estenuante. L’intensità profusa dall’attrice in quell’unico ciak è incredibile e ha un impatto decisivo sul momento clou del film: il confine tra finizione e realtà diventa pressoché labile, tanto da far giungere l’orrore della Shoah nudo e crudo alla nostra coscienza.


