JULIETA. RECENSIONE

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Julieta sta per lasciare Madrid per trasferirsi in Portogallo con il suo compagno. Alla vigilia della partenza si imbatte casualmente in Beatriz, vecchia conoscenza di famiglia. L’incontro riapre una dolorosa ferita nella donna: sua figlia Antia l’ha abbandonata dodici anni prima, senza lasciare traccia di sé. Julieta decide così di non partire più e comincia a scrivere una lunga lettera ad Antia, per svelare alcune verità taciute nel corso degli ultimi trent’anni.
Non è il solito almodrama quest’ultima fatica di Pedro Almodóvar. Il regista spagnolo – che per la sceneggiatura si è ispirato a tre racconti del premio Nobel Alice Munro – ritorna su argomenti a lui cari (amore e morte, l’universo femminile e la centralità della figura materna, gli errori del passato con cui bisogna fare i conti), ma stavolta opta per una direzione all’insegna della sobrietà. Manca persino la caratteristica esplosione di colori: a predominare su tutto c’è soltanto il suo amatissimo rosso, rosso come la passione che nasce inattesa e travolgente a bordo di un treno, sotto l’ombra di un tragico evento. Al centro di Julieta, però, c’è soprattutto il senso di colpa, qui visto come un macigno inestirpabile che si tramanda di madre in figlia.
Per il ruolo della protagonista Almodóvar si è affidato a due attrici, scelta che risulta fondamentale. L’avvicendamento tra la luminosa e vitale Adriana Ugarte e la spenta e dimessa Emma Suarèz rende al meglio la frattura che c’è nella vita di Julieta, accentuandone la drammaticità. È questa forse la carta vincente di un film che pecca soltanto di alcuni snodi narrativi un po’ forzati nella seconda parte, che rischiano di fiaccarne il ritmo.
Da segnalare, infine, la presenza di un’inquietante Rossy de Palma nella parte della domestica: lei e la colonna sonora di Alberto Iglesias conferiscono per larghi tratti al film un’atmosfera hitchcockiana.

Voto: 3,5/5

Julieta, Spagna, 2016. Regia: Pedro Almodóvar. Interpreti: Emma Suarèz, Adriana Ugarte, Daniel Grao, Inma Cuesta, Darío Grandinetti, Rossy de Palma. Durata: 1h e 39’.

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