JACK CHE VOLÒ SUL NIDO DEL CUCULO

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Il 29 marzo di quarant’anni fa, Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman si aggiudicava i 5 Oscar principali (film, regia, attore protagonista, attrice protagonista, sceneggiatura), un primato condiviso tutt’ora con soli altri due film (Accadde una notte di Frank Capra e Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme).
Quella notte il trentottenne Jack Nicholson vinceva la prima delle sue tre statuette personali grazie all’irresistibile interpretazione di Randle Patrick McMurphy, un galeotto che viene trattenuto in un ospedale psichiatrico per capire se nella sua testa c’è qualche rotella fuori posto o se è solo un gran furbone che prova a farla franca.
In questo film potente, emozionante, durissimo, colpisce ancora oggi l’incredibile abilità di Jack nell’aver saputo interpretare un personaggio così sopra le righe mantenendo comunque l’equilibrio. McMurphy è un fiume in piena, è intelligente e folle, affascinante e pericoloso. Nel suo sorriso, nei suoi occhi, nelle sue profonde rughe espressive scorrono insieme astuzia e incontrollabile aggressività, ma anche tanta umanità e generosità.
Per lo spettatore è lui il solo antidoto efficace per sopportare l’insostenibile cattiveria dell’infermiera Louise Fletcher, è lui il solo vento di libertà a cui aggrapparsi in quella prigione mascherata da ospedale, un luogo disumano che il film di Forman ci restituisce in tutta la sua opprimente brutalità.

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Amarcord

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