


In seguito ai violenti scontri avvenuti tra polizia e manifestanti contro la guerra del Vietnam in occasione della convention democratica tenutasi a Chicago nel 1968, sette dimostranti e un membro delle Pantere Nere vengono processati con l’accusa di aver scatenato i disordini. Il loro destino sembra segnato, ma il giudice è così spudoratamente avverso agli accusati da far sorgere, ben presto, molti dubbi sulla regolarità del processo.
Negli ultimi anni, il cinema a stelle e strisce ha sentito spesso l’esigenza di portare sul grande schermo storie dell’America del passato per riflettere sull’America del presente, dando vita a film d’impegno civile di grande impatto come Detroit, BlacKkKlansman, The Post, Richard Jewell, solo per citarne alcuni. A questi va ora ad aggiungersi Il processo ai Chicago 7 che, visto in quest’ottica, assume un retrogusto particolare, essendo uscito a ridosso di una delle elezioni presidenziali più delicate di sempre.
Com’era lecito attendersi da quell’acuto sceneggiatore che è Aaron Sorkin (per la seconda volta in carriera anche regista), il film poggia le basi su un copione impeccabile e brillante, impreziosito da dialoghi fitti, sapidi, briosi e da una galleria di personaggi densi di sfumature. I diritti civili, i pregiudizi culturali, le tensioni politiche, le discriminazioni razziali, i soprusi della polizia sono solo alcuni dei temi spinosi affrontanti con lucidità da un’opera che punta dritto il dito contro il sistema giudiziario, reo di essere tanto machiavellico e corrotto quanto sfacciatamente arrogante (la scena dell’imbavagliamento della “Pantera Nera” Bobby Seale è di quelle capaci di far digrignare i denti).
Eppure Il processo ai Chicago 7, più che il classico pugno nello stomaco come ci si potrebbe aspettare, è una mano che bussa alla porta della coscienza per ricordarci quanto sia importante tutelare – oggi più di ieri – il bene prezioso della democrazia. Un messaggio rafforzato con determinazione dall’efficace e toccante finale, che potrebbe fare di questa pellicola una sorta di Attimo fuggente dei legal thriller.
A suonare alla grande lo spartito di Sorkin, ci ha pensato poi un gruppo d’attori ispiratissimo e orchestrato al meglio. Mi limito a citare, tra tutti, quel mostro di bravura di Mark Rylance (l’avvocato difensore William Kunstler), l’intramontabile Frank Langella (l’odioso giudice Hoffman) e un sorprendente Sacha Baron Cohen (l’imputato Abbie Hoffman). Proprio a quest’ultimo – non a caso – il regista ha affidato molti degli squarci d’umorismo di cui è pervaso il film, che ben stemperano l’alto tasso di drammaticità di una vicenda ancora incredibilmente attuale.
Voto: 4/5
Il processo ai Chicago 7 (The Trial of the Chicago 7), USA, 2020. Regia: Aaron Sorkin. Interpreti: Eddie Redmayne, Sacha Baron Cohen, Joseph Gordon-Levitt, Frank Langella, John Carroll Lynch, Mark Rylance, Jeremy Strong, Yahya Abdul-Mateen II, Michael Keaton. Durata: 2h e 10’.


