IL MIGLIO VERDE COMPIE 20 ANNI

Facebooktwittermail

Sono trascorsi vent’anni da quando ci siamo affacciati per la prima volta nel “miglio verde” del braccio della morte di Cold Mountain. Il corridoio color cedro appassito, testimone della toccante storia di John Coffey, è diventato nel frattempo un luogo familiare, al quale chi ha amato il film di Frank Darabont sente periodicamente il bisogno di tornare. E l’emozione che ne scaturisce è sempre intensa, profonda come quella provata dal secondino Paul Edgecomb mentre, ormai centenario, ripercorre i giorni in cui conobbe il gigante gentile piovuto dal cielo.
All’epoca il secondo lungometraggio diretto da Darabont era atteso con trepidante curiosità, visto che cinque anni addietro il regista statunitense aveva firmato una delle pellicole più entusiasmanti del decennio, Le ali della libertà (1994). Il miglio verde – tratto, come l’opera prima, da Stephen King – non deluse le aspettative e arrivò ad incassare in tutto il mondo 286 milioni di dollari, con la ciliegina sulla torta delle 4 nomination all’Oscar, tra cui quella per il miglior film.
Lungo 189 appassionanti minuti e ricco di scene madri capaci di radicarsi nella memoria, questo dramma carcerario con incursioni nel soprannaturale resta non solo un validissimo esempio di opera cinematografica contro la pena di morte, ma anche una potente riflessione sull’eterna lotta tra Bene e Male, che ha il pregio di non cercare mai scappatoie consolatorie. “È così che va tutti i giorni, in ogni parte del mondo”, dice affranto Coffey a Edgecomb, ricordandoci quanto sia improbo lo sforzo dell’uomo retto per arginare la cattiveria e le nefandezze della parte marcia dell’umanità.
Tra momenti di estrema crudezza, squarci poetici e pennellate fiabesche, Il miglio verde riluce ancora oggi grazie ai suoi sontuosi interpreti, dal protagonista Tom Hanks fino ai molti comprimari di lusso, tra cui svettano Patricia Clarkson e un cattivissimo Sam Rockwell. Anche se, chiaramente, a rubare la scena è il compianto Michael Clarke Duncan, e non solo per la sua enorme stazza. Basta appena pensare al suo sguardo mentre fissa Ginger Rogers e Fred Astaire che danzano sul grande schermo e un brivido, statene certi, percorrerà la vostra schiena.

Facebooktwittermail

Categorie Post:
Amarcord

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *