


Un killer vestito da punk entra nel Tech Noir, vivace night club della Los Angeles degli anni ‘80. Si fa strada tra i ragazzi che ballano al ritmo della musica di Tahnee Cain and the Tryanglz, ad ogni passo il suo sguardo diventa sempre più minaccioso. Poi trova la sua preda, una ragazza di nome Sarah Connor , verso cui punta il laser della pistola, ma la giovane ha un “angelo custode” che veglia su di lei e apre il fuoco. Il killer però non muore, anzi si rialza più forte di prima.
La sequenza del Tech Noir in Terminator (1984) di James Cameron è una scena indimenticabile, un capolavoro di suspense ed azione frutto di una scelta perfetta di movimenti di camera, ralenti, luci, musica, effetti sonori e location. Questi pochi minuti racchiudono da soli l’essenza del film: ritmo serrato, mistero, atmosfera dark, un cyborg inarrestabile che incarna il lato oscuro della tecnologia (il nome stesso del locale ne è un’esplicita allusione), una donna e un guerriero solitario come unica speranza per il genere umano.
Un film di fantascienza straordinario, immortale, ma anche una storia per riflettere su come possa ritorcersi contro ciò che l’uomo ha inventato per migliorare il suo futuro. Lode al genio di James Cameron per aver creato un cult che ha influenzato il cinema del domani, e all’intelligenza di Arnold Schwarzenegger che, dopo aver letto il copione, rifiutò il ruolo di Kyle Reese perché voleva interpretare a tutti i costi il cattivo, nonostante il suo agente glielo sconsigliasse vivamente. Senza l’intuizione del granitico Arnold, Terminator non sarebbe stato lo stesso.


