


In un carcere del prossimo futuro, le celle dei detenuti sono collocate una sull’altra e ognuna di esse dispone al centro di un grosso buco attraverso cui, di giorno in giorno, passa una piattaforma imbandita di pietanze succulente. Ci sarebbe da mangiare per tutti, ma la mensa è puntualmente divorata dai prigionieri dei piani superiori, del tutto incuranti di quelli sottostanti. Almeno finché nell’edificio non giunge Goreng, un nuovo detenuto che si adopererà in ogni modo perché ciascuno possa ricevere cibo a sufficienza.
Approdato su Netflix lo scorso 20 marzo dopo essere stato presentato e premiato al prestigioso Festival di Toronto, il lungometraggio d’esordio di Galder Gaztelu-Urrutia è un interessante thriller-horror fantascientifico ad alto tasso metaforico, nel quale il regista iberico – partendo dalla sceneggiatura a quattro mani di David Desola e Pedro Rivero – riesce ad abbinare efficacemente intrattenimento e riflessione.
Incalzante e claustrofobico sin dalle prime battute, nonché forte di un’ambientazione essenziale ma azzeccata, Il buco trascina lo spettatore in un girone dantesco dell’inferno dominato dall’homo homini lupus hobbesiano, in cui persone, spazi, oggetti e cibi diventano simboli – nemmeno troppo velati – di una parabola sulle storture e gli abomini del capitalismo.
Il pubblico si immedesimerà nei panni del baffuto protagonista Goreng (Iván Massagué), mosca bianca del sistema e moderno Don Chisciotte, che non a caso ha con sé una copia del capolavoro di Cervantes (ogni detenuto ha la possibilità di portare in cella un oggetto a sua scelta). Eppure potrebbe celarsi qualcosa di noi nell’ambiguo Trimagasi (l’ottimo Zorion Eguileor), un anziano assuefatto ai meccanismi dell’istituto penitenziario, che si mostra capace di soffocare qualsiasi scrupolo in nome della sopravvivenza, e il cui tedioso “È ovvio!” sempre a portata di bocca si erge presto a tormentone del film.
Sospinto da una partitura musicale accattivante che ha il sapore di una macabra danza tintinnante, Il buco si lascia vedere tutto d’un fiato e, nonostante un epilogo leggermente frettoloso e dal simbolismo un po’ scontato, centra l’obiettivo. L’opera prima di Gaztelu-Urrutia ha la facoltà di affascinare e turbare, solleticando interrogativi sulla condizione umana che, in tempi di quarantena, non possono non assumere un retrogusto particolare.
Voto: 3,5/5
Il buco (El hoyo), Spagna, 2019. Regia: Galder Gaztelu-Urrutia. Interpreti: Iván Massagué, Zorion Eguileor, Antonia San Juan, Emilio Buale Coka, Alexandra Masangkay. Durata: 1h e 34’.


