


Paradossi della settima arte. Uno come il Sergente Istruttore Hartman nella vita non vorresti mai incontrarlo. Nel cinema, invece, è diventato uno dei personaggi più amati dal pubblico, un’icona. Nel capolavoro assoluto Full Metal Jacket (1987), diretto dal genio di Stanley Kubrick, l’allora sconosciuto R. Lee Ermey fa l’interpretazione della vita, arrivando a essere nominato ai Golden Globe.
Hartman giganteggia nella prima parte del film, quella dell’istruzione dei Marines, che anche grazie a lui risulta non meno incisiva di quella più potente a livello visivo ambientata nel Vietnam. In questo personaggio è contenuta tutta l’assurdità dell’indottrinamento alla guerra, un vero e proprio lavaggio del cervello che nei ragazzi più deboli diventa un autentico stupro mentale (il povero soldato “Palla di Lardo” ne sa qualcosa).
Il massimo del risultato Hartman lo ottiene con le parole, sparate a raffica come un mitra. Con le parole lui martella, umilia, estenua, incattivisce, piega il soldato alla sua volontà. Perché il corpo dei marines non vuole dei robot, vuole dei killer.


