


Nella storia del cinema non si entra sempre dalla porta principale. Ne sa qualcosa la congrega di lottatori clandestini più famosa di sempre, capeggiata da un insonne e depresso Edward Norton e il sovversivo veditore di saponette Brad Pitt.
Nel settembre 1999, Fight Club di David Fincher – adattamento dell’omonimo romanzo di Chuck Palahniuk – venne accolto tiepidamente a Venezia, dove diversi critici non esitarono a bocciarlo, accusandolo in particolare di eccessiva violenza. Il mese successivo giungeva così al cinema senza fare sfracelli al botteghino, con un destino di oblio ormai all’orizzonte. Ma il clamoroso riscatto era appena dietro l’angolo. Probabilmente chi lo aveva visto in sala innescò un passaparola positivo e, dopo l’approdo in home video nel giugno 2000, il quarto lungometraggio del regista di Seven fece registrare un boom di vendite (tredici milioni di copie in dvd!) diventando in breve tempo un film di culto.
Un soddisfacente e giusto riconoscimento per una pellicola che tutt’ora continua a sprigionare freschezza ed esplosività. La recitazione superba del duo protagonista, la dark lady Marla di Helena Bonham Carter, la briosa commistione di generi (dramma, commedia nera, satira, thriller, grottesco), le battute sapide e corrosive, nonché un colpo di scena tra i più sorprendenti mai visti, ne fanno un’autentica delizia cinefila. Ma non solo, perché l’acuta e spietata analisi dell’alienazione dell’uomo contemporaneo e la critica al consumismo rendono questo film così profetico e attuale da inquietare. Tanto da far sorgere un semiserio, stuzzicante interrogativo: cosa direbbe oggi Tyler Durden di questa civiltà social-dipendente e inebetita dagli smartphone?
Le 10 battute memorabili
“Signori, benvenuti al Fight Club. Prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club. Seconda regola del Fight Club: non dovete parlare mai del Fight Club”.
“Con l’insonnia nulla è reale. Tutto è lontano. Tutto è una copia di una copia di una copia…”.
“Una volta leggevamo pornografia, ora siamo passati ad arredomania”.
“Le cose che possiedi alla fine ti possiedono”.
“Fu così che conobbi Marla Singer. La sua filosofia di vita era che poteva morire da un momento all’altro. La tragedia, diceva, era che non succedeva”.
“Se avessi un tumore lo chiamerei Marla. Marla: il taglietto sul tuo palato che si rimarginerebbe se la smettessi di stuzzicarlo con la lingua, ma non puoi”.
“Oh, mio Dio! Era dalle elementari che nessuno mi scopava così!”.
“Il preservativo è la scarpetta di vetro della nostra generazione. Te ne infili uno quando incontri una sconosciuta, poi ci balli tutta la notte e dopo butti via. Il preservativo intendo, non la sconosciuta”.
“La pubblicità ci fa inseguire le macchine e i vestiti, fare lavori che odiamo per comprare cazzate che non ci servono. Siamo i figli di mezzo della storia, non abbiamo né uno scopo né un posto”.
“Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca. Non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli. Non sei i tuoi vestiti di marca. Sei la canticchiante e danzante merda del mondo!”.


