


Se le strade di un regista visionario incrociano quelle di un interprete carismatico e trasformista, può succedere di tutto. Può accadere di imbattersi in uno strano giovanotto dai capelli arruffati, con lame affilate al posto delle mani. Di ritrovarsi tra le stanze di un castello gotico che sormonta casette color pastello in piena provincia americana. Di credere, perfino, che possa nevicare laddove non è mai sceso dal cielo un solo fiocco di neve.
Trent’anni fa Tim Burton e Johnny Depp inauguravano uno storico sodalizio dando alla luce Edward mani di forbice, opera-manifesto di quella poetica burtoniana che avrebbe conquistato spettatori di ogni genere ed età. Una pellicola intrisa, tra l’altro, di forti suggestioni scaturite dal vissuto del regista, vittima in giovinezza dell’emarginazione e della solitudine proprio come il protagonista della storia. L’allora trentenne Burton trovò il perfetto alter ego in un ragazzo artificiale che, rimasto incompiuto dopo la morte del suo inventore (il grande Vincent Price, alla sua ultima interpretazione), viene scovato dall’amorevole signora Boggs e va a vivere a stretto contatto con gli umani, con conseguenze imprevedibili e non tutte piacevoli.
Il romanticismo dark – sospinto dalle ammalianti note di Danny Elfman – e la struggente love story tra Edward e Kim (l’incantevole Winona Ryder) hanno reso questa fiaba moderna un classico sempreverde, ma è specialmente la ricchezza e la profondità del suo messaggio a farne, dopo tutto questo tempo, un’opera addirittura sorprendente. Oggi che la paura e l’odio nei confronti del “diverso” appaiono dilaganti, Edward mani di forbice si rivela uno strumento di riflessione ancora più potente di quanto lo fosse ieri. Rivedendolo ora, non faticheremo a trovare molte similitudini tra la nostra società e quelle persone che, dopo l’iniziale curiosità nei confronti dell’insolita creatura, gli si rivoltano contro manifestando disprezzo e ostilità. Né stenteremo a sentire più vero e attuale quell’abbraccio impossibile e commovente tra Edward e Kim.
Allora rituffarsi in questo favoloso cult d’inizio anni Novanta risulterà quasi necessario, vitale, catartico. Un po’ come accade all’amata di Edward quando, ormai anziana, si immerge nel ricordo di quella neve inaspettata, dono speciale e miracoloso del freak dal cuore d’oro.


