DRIVE: 5 MOTIVI PER RIVEDERE IL CULT DI NICOLAS WINDING REFN

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Lo si era capito sin dal debutto al 64esimo Festival di Cannes – correva il 20 maggio 2011 – che Drive, ottavo lungometraggio diretto da Nicolas Winding Refn, non era un film qualunque. Con cento travolgenti minuti di cinema, il filmmaker danese destabilizzava la Croisette e raccoglieva recensioni positive, guadagnandosi due giorni dopo il prestigioso premio per la regia. Sarebbe poi seguito un importante successo di pubblico, che avrebbe fatto conquistare presto alla pellicola l’aura del cult.
Ecco i 5 motivi principali che hanno reso Drive una delle opere cinematografiche più amate e citate dell’ultimo decennio.

1. Le molte anime di un cult
Winding Refn ci catapulta in men che non si dica nell’universo dell’innominato protagonista, un giovane enigmatico dalla doppia vita. Di giorno è un meccanico e uno stuntman part time a Hollywood, di notte un inafferrabile autista di rapine. La sua routine stravagante ma metodica verrà sconvolta dall’amore per Irene, una donna rimasta sola con il figlio dopo l’arresto del marito. Proprio come l’(anti)eroe al centro del racconto, Drive è un film dalle molte anime. Il noir si fonde con la love story, l’action movie con il western urbano. Una mescolanza di generi riuscita e affascinante, capace di generare un effetto ipnotico.

2. Ryan, lo scorpione e il martello
Scorpione ricamato sull’inseparabile giubbino, stecchino tra le labbra e un martello (letale) stretto nel pugno. E poi quello sguardo in grado di emanare dolcezza e, un attimo dopo, violenza agghiacciante. È un personaggio iconico quello interpretato da Ryan Gosling, un cowboy solitario in sella all’automobile che, nel DNA, ha certamente qualcosa dello straniero senza nome del Clint Eastwood leoniano.

3. Un congegno a orologeria
A dialoghi essenziali ma accattivanti (la sceneggiatura di Hossein Amini è tratta dal romanzo omonimo di James Sallis), Winding Refn abbina una regia robusta, luci al neon dal sapore nostalgico e un montaggio sonoro da Oscar. Un autentico congegno a orologeria che divampa in una parte conclusiva incandescente.

4. Il bacio prima della tempesta
Ci sono sequenze che possono valere da sole la visione di un film. La scena del bacio nell’ascensore tra il protagonista e Irene (un’angelica Carey Mulligan), poetica e disturbante al tempo stesso, si erge a simbolo di una storia imperniata sul contrasto tra romanticismo e orrore, speranza e ineluttabilità.

5. La ciliegina sulla torta
L’impeccabile ingranaggio messo in piedi da Winding Refn trova la sua ciliegina sulla torta in una colonna sonora a base di musica elettronica, che si sposa in toto con le atmosfere della pellicola. La maggior parte dei brani è opera di Cliff Martinez, ex batterista dei Red Hot Chili Peppers, ma a restare nella memoria è soprattutto Nightcall di Kavinsky, che esplode sui titoli di testa dopo il primo, elettrizzante inseguimento d’auto tra le vie di una Los Angeles tenebrosa e inedita.

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