


“Che te lo dico a fare!”. Quante volte abbiamo pronunciato questa battuta? Poche frasi nella storia del cinema sono diventate un vero e proprio tormentone come questa di Donnie Brasco (1997), il film di Mike Newell dedicato alle vicissitudini di Joseph D. Pistone, l’agente FBI che negli anni Settanta si infiltrò nella mafia newyorkese raccogliendo prove decisive per l’arresto di oltre cento esponenti di Cosa nostra.
Battute a parte, se questa pellicola si è ritagliata un posto importante nel filone del gangster movie è perché fondamentalmente non è l’ennesimo racconto sulla “Famiglia” (già finemente descritta in tanti capolavori), ma un autentico affondo nella tragedia di due uomini soli.
Da una parte c’è Benjamin “Lefty” Ruggiero, un anziano killer della mafia di Little Italy che, nonostante si sia dedicato sempre con lealtà alla causa, dopo tanti anni è soltanto il raggio di una ruota di quell’istituzione che lo tiene ai margini senza un briciolo di riconoscenza. Osserva i boss che hanno fatto carriera, e nei suoi occhi malinconici c’è un misto di ammirazione, invidia e rimpianto per ciò che avrebbe voluto essere e non è stato.
E poi c’è l’agente Joe Pistone che, per la grande dedizione verso il suo lavoro, si costringe a diventare in tutto e per tutto un altro uomo. Ne fanno le spese non solo la sua psiche, ma anche gli affetti: ha una moglie e tre figlie, ma è come se non le avesse più. Lo Stato lo sfrutta finché può e, alla fine, ricompensa la sua vita devastata con una medaglia e un assegno da cinquecento dollari.
Due personaggi struggenti e memorabili, incarnati da una coppia di straordinari interpreti, Al Pacino e Johnny Depp, in uno dei più bei confronti mai visti tra generazioni diverse di attori.


