


Due donne contro tre uomini nella cinquina dell’Oscar per il miglior regista. Nelle novantadue precedenti edizioni degli Academy Awards non era mai successo e, com’è giusto che sia, la notte del prossimo 25 aprile – giorno della cerimonia di premiazione degli Oscar 2021 – molti riflettori saranno puntati su Chloé Zhao, regista di Nomadland, già premiata con il Leone d’oro a Venezia, ed Emerald Fennell, autrice di Una donna promettente.
Una doppietta dal sapore ancor più speciale se si pensa che, prima di loro, solo cinque signore dietro la macchina da presa erano state nominate nella categoria in questione: Lina Wertmüller (per Pasqualino Settebellezze), Jane Campion (Lezioni di piano), Sofia Coppola (Lost in Translation), Kathryn Bigelow (The Hurt Locker) e Greta Gerwig (Lady Bird). E, come risaputo, l’unica a portare a casa l’ambita statuetta dorata è stata Bigelow.
Altro elemento tutt’altro trascurabile su cui riflettere è il fatto che sia il film della 39enne cinese Zhao, che quello della britannica classe 1985 Fennell, vedono come assolute protagoniste le donne. Nel dramma on the road Nomadland, Frances McDormand veste i panni di una vedova che fa i bagagli e parte nel suo van per provare la vita da nomade, mentre nel revenge movie Una donna promettente Carey Mulligan dà corpo e anima a una giovane barista che si diletta a punire ogni uomo pronto ad adescarla, motivata da un doloroso trauma del passato.
Ma la scelta dell’Academy è frutto di uno slancio di politicamente corretto o il reale segno di una rivoluzione in atto?
L’aumento, negli ultimi anni, di lungometraggi a firma femminile, come pure il numero crescente di donne impiegate negli ambiti che contano di una produzione cinematografica, fanno pensare che qualcosa stia finalmente cambiando, anche se un recente studio condotto dall’EWA (European Women’s Audiovisual Network) racconta che la forbice della diseguaglianza è ancora importante: nonostante la quota delle donne diplomate nelle scuole di cinema sia quasi uguale a quella degli uomini (44%), vi è comunque una sottorappresentazione di registe all’interno dell’industria (24%).
Un dato notevole quest’ultimo, che indica certamente quanto la strada per l’inversione di marcia sia ancora lunga e dura. Ma è altrettanto innegabile che il vento del cambiamento stia spirando davvero e, stagione dopo stagione, sembra voler soffiare sempre più forte.


