


Il mite Marcello, proprietario di un modesto salone di toelettatura per cani nell’estrema periferia romana, ha una figlia piccola che è il centro del suo mondo e, grazie al suo carattere pacifico, vive in simbiosi con la gente del quartiere. Almeno finché non intensifica il suo rapporto con Simoncino, ex pugile cocainomane che terrorizza gli abitanti del posto, e approfitta di continuo della bontà d’animo di Marcello. Quando, però, si consuma l’ennesimo grave sopruso, gli equilibri tra prepotente e vittima finiscono per incrinarsi irrimediabilmente.
Dopo la parentesi fantasy de Il racconto dei racconti (2015), Matteo Garrone torna al realismo contemporaneo con una storia che prende spunto dal noto omicidio del pugile dilettante Giancarlo Ricci da parte del “Canaro della Magliana” Pietro De Negri (avvenuto nel 1988), per poi addentrarsi in altri territori. A Garrone non interessa ricostruire l’efferato caso di cronaca nera, quanto dedicarsi, come ha sempre fatto, all’esplorazione dell’essere umano e del contesto sociale che lo circonda.
Strutturato – per stessa ammissione del regista – come un western urbano, Dogman ci fa respirare l’aria polverosa e triste di un’anonima periferia (perfettamente fotografata da Nikolaj Brüel), microcosmo plumbeo e inquietante che tuttavia non scalfisce il cuore colmo di tenerezza di Marcello, capace di mantenere il suo candore anche quelle volte in cui si ritrova a varcare il confine della legalità.
La chiave di volta di Dogman e il suo aspetto più interessante è nell’evento inatteso provocato dalla sottomissione del protagonista nei confronti del bestiale Simoncino (un ottimo Edoardo Pesce), ovvero l’emarginazione di Marcello da quell’universo che lo faceva sentire vivo. È qui che Garrone si distacca completamente dagli avvenimenti storici, mettendo da parte il lato più truculento della vicenda. Il mite non si trasforma in mostro come il borghese piccolo piccolo di Sordi e Monicelli: Marcello cerca solo di recuperare la dignità perduta mettendo in piedi una strana vendetta dagli esiti inaspettati.
Altra grande intuizione di Garrone è stata quella di affidare il ruolo principale al semisconosciuto Marcello Fonte (premiato al Festival di Cannes): quella maschera che sembra rubata da un film di Pasolini, quegli occhi e quel sorriso di una mitezza disarmante, sono davvero difficili da dimenticare.
Voto: 4/5
Dogman, Italia-Francia, 2018. Regia: Matteo Garrone. Interpreti: Marcello Fonte, Edoardo Pesce, Nunzia Schiano, Adamo Dionisi, Francesco Acquaroli, Alida Calabria, Gianluca Gobbi. Durata: 1h e 42’.


