


Nel settembre del 1350, Giovanni Boccaccio viene incaricato di portare dieci fiorini d’oro a Suor Beatrice, figlia di Dante Alighieri, come risarcimento simbolico per l’ingiustizia dell’esilio patita dal Sommo Poeta. Ripercorrendo da Firenze a Ravenna una parte di quello che fu il tragitto di Dante, Boccaccio ha modo di raccogliere le testimonianze di molte persone che lo conobbero in vita, ricostruendo così la vicenda umana del grande letterato.
Alla bellezza di 83 anni, l’infaticabile Pupi Avati riesce a realizzare un progetto cullato per circa due decenni, ma soprattutto compie l’impresa di raccontare al cinema un personaggio imponente, che nessuno prima d’ora aveva osato portare sul grande schermo.
Scritto dallo stesso regista con la fondamentale consulenza di alcuni illustri dantisti, il film poggia le basi su una struttura narrativa funzionale che intreccia due piani temporali, facendo di Boccaccio una sorta di Virgilio che prende per mano il pubblico accompagnandolo attraverso i momenti cruciali della vita di Dante. Fulcro della narrazione sono il periodo giovanile dell’esistenza del poeta fiorentino e il suo legame con l’eterea e irraggiungibile Beatrice, che ci restituiscono un Dante profondamente umanizzato, spogliato dell’alone mitico in cui la sua figura è avvolta da secoli.
Pur non scavando a fondo nel genio dantesco, che resta pressoché inafferrabile, Avati ha la capacità di rendere palpabili i sentimenti e le emozioni, i turbamenti e il viscerale amore per la poesia dell’autore della Divina Commedia, consentendo allo spettatore di empatizzare con quel giovane uomo dall’aria comune eppure tanto speciale, che per gran parte del film ha il volto e lo sguardo febbrile dell’ottimo Alessandro Sperduti.
E se qualche volta la messa in scena può non convincere appieno (come in occasione degli inserti onirici con cui vengono rappresentate le visioni del protagonista), quest’opera non smette comunque di sprigionare un’atmosfera suggestiva, alimentata – oltre che dall’accurata ricostruzione storica e dalle affascinanti location medievali – dalla dedizione e dalla passione del suo regista per Dante. Una passione profonda e contagiosa che, in qualche modo, accumuna Avati al primo dantista della storia, quel Giovanni Boccaccio interpretato con equilibrio ed intensa partecipazione da Sergio Castellitto.
Voto: 3/5
Dante, Italia, 2022. Regia: Pupi Avati. Interpreti: Alessandro Sperduti, Sergio Castellitto, Enrico Lo Verso, Alessandro Haber, Carlotta Gamba. Durata: 1h e 34’.


