


Il cinema italiano è sotto shock. Un infarto si è portato via per sempre Libero De Rienzo, attore, regista e sceneggiatore napoletano. Aveva soltanto 44 anni.
Lascia la moglie, la costumista Marcella Mosca, e i due figlioletti di 6 e 2 anni. E lascia orfani tutti noi che, sin dal 2001, l’anno della consacrazione, di Santa Maradona e della vittoria del David di Donatello, ci eravamo innamorati del suo sorriso sornione, dei suoi occhi ora furbetti ora malinconici, di quella voce inconfondibile e così particolare che nessun aggettivo ha la forza di descrivere davvero.
Il suo volto atipico lo ha reso un interprete prezioso per la nuova commedia italiana. Basti pensare alla recente trilogia di Smetto quando voglio, che Libero ha contribuito a far entrare nel cuore dei cinefili del Bel Paese.
Ma De Rienzo è stato anche altro. Anzi, è stato molto di più, come dimostra il suo apprezzato film da regista Sangue – La morte non esiste (2005), premiato con un Ciak d’oro, o l’intensa prova drammatica offerta in Fortapàsc nel 2009, quando per Marco Risi si trasformò in Giancarlo Siani, giovane giornalista trucidato dalla camorra. Il fratello di Giancarlo, vedendolo sul set, si commosse fino alle lacrime, tanto era impressionante il suo lavoro di mimesi.
Risi non fu l’unico autore a volerlo in un ruolo impegnato. Ce lo ricorda la sua presenza in pellicole come La via degli angeli (1999) di Pupi Avati, Miele (2013) di Valeria Golino o Fortuna (2020) di Nicolangelo Gelormini.
Questo è il momento giusto per (ri)scoprire la sua filmografia. Allevierà sicuramente il senso di vuoto. Ma la nostalgia, quella no, non se ne andrà tanto facilmente.


