CINEMA ITALIANO IN LUTTO, ADDIO A FLAVIO BUCCI

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Il cinema italiano è in lutto. Stamattina, un attacco di cuore si è portato via Flavio Bucci, volto inconfondibile e indimenticabile del grande e del piccolo schermo, oltre che attore teatrale di grande caratura.
Nato a Torino 72 anni fa da una famiglia molisano-pugliese, Bucci si era formato professionalmente presso la Scuola del Teatro Stabile della città piemontese, per poi debuttare al cinema negli anni Settanta con La classe operaia va in paradiso (1971) di Elio Petri.
“Non bello, nemmeno troppo simpatico, con la faccia di chi non promette nulla di buono. E lo mantiene, infatti. Il muso strano di chi potrebbe ribellarsi con violenza, senza controllo, da un momento all’altro. Turbavo, e servivo a un cinema che voleva perturbare, nel segno dell’impegno civile”, raccontò di sé Flavio, come riporta Giuseppe Sansonna nel libro Hollywood sul Tevere.
Sempre Petri gli regalò il suo primo ruolo da protagonista ne La proprietà non è più un furto (1973). Successivamente, recitò anche in L’Agnese va a morire (1976) di Giuliano Montaldo e in Suspiria (1977) di Dario Argento, mentre in tv spopolò con la miniserie Ligabue (1977), che lo fece entrare nella memoria collettiva.
Altro ruolo iconico fu quello ne Il marchese del Grillo (1981) di Mario Monicelli, in cui vestiva i panni di un prete-brigante sboccato e irriverente: lo strepitoso monologo che precede la decapitazione di Don Bastiano è un pezzo di storia della commedia italiana.
Tra le interpretazioni degli ultimi anni, è da ricordare in particolare quella ne Il divo (2008) di Paolo Sorrentino, ma a destare scalpore sono state soprattutto le sue rivelazioni al Corriere della Sera nel 2018, quando ha confessato di essere caduto in disgrazia in seguito a una vita di eccessi e di sperperi, senza però mostrarsi minimamente pentito delle sue scelte.
La notizia della morte giunge a una decina di giorni dall’uscita nelle sale di Volevo nascondermi, biopic di Giorgio Diritti con Elio Germano nei panni del pittore Antonio Ligabue. Un beffardo segno del destino: Flavio non avrà più la possibilità di vederlo, ma il nostro pensiero non potrà non correre a lui.

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