Il mondo del cinema piange la scomparsa dell’attore statunitense Alan Arkin, spentosi all’età di 89 anni nella sua abitazione di Carlsbad, in California. A darne notizia sono stati i figli, accompagnando l’annuncio della morte con un messaggio colmo di commozione: “Nostro padre era un’autentica forza della natura, sia come artista che come uomo. Un marito, padre, nonno e bisnonno amorevole, che ci mancherà profondamente”.
Newyorkese classe 1934, iniziò a studiare recitazione sin dall’età di dieci anni. Dopo l’esordio sul grande schermo verso la fine degli anni Cinquanta, Arkin riuscì ad imporsi all’attenzione di pubblico e critica già nella fase iniziale della sua carriera. Negli anni Sessanta centrò la sua prima nomination all’Oscar come miglior attore protagonista grazie alla prova offerta nella commedia satirica Arrivano i russi, arrivano i russi (1966) di Norman Jewison, facendo il bis appena due anni dopo con una pellicola di tutt’altro genere, il dramma L’urlo del silenzio (1968) di Robert Ellis Miller.
L’ambito Academy Award se lo portò a casa soltanto molti decenni dopo, al terzo tentativo, vincendo come miglior attore non protagonista del cult Little Miss Sunshine (2006) di Jonathan Dayton e Valerie Faris. Un’interpretazione memorabile, che gli aprì le porte ad un’ultima parte di carriera ricca di soddisfazioni in ruoli da caratterista, attraverso cui mise in mostra la sua spiccata versatilità. Al punto da agguantare una quarta candidatura all’Oscar – ancora come “non protagonista” – alle soglie degli ottant’anni con Argo (2012), pluripremiato lungometraggio diretto da Ben Affleck.
Attivissimo anche a teatro e in tv, nelle ultime stagioni aveva conquistato l’attenzione del pubblico televisivo in virtù delle sue performance nella serie di successo Il metodo Kominsky.
