CHIAMATEMI FRANCESCO. RECENSIONE

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Nato da un soggetto del produttore Pietro Valsecchi di Taodue, Chiamatemi Francesco è il racconto della vita di Jorge Mario Bergoglio (interpretato prima da Rodrigo De la Serna e poi, da anziano, da Sergio Hernández) dalla giovinezza fino all’elezione a Pontefice, avvenuta il 13 marzo 2013.
Sin dalla fase di lavorazione del film, il regista Daniele Luchetti ha tenuto a precisare che il suo biopic sul “Papa venuto dalla fine del mondo” non sarebbe stato un santino. Luchetti ha basato la sceneggiatura (scritta con Martin Salinas) sulle testimonianze dirette di chi ha conosciuto Bergoglio, mettendo da parte qualsiasi tipo di testo biografico.
Proprio l’attenzione a non cadere nella trappola dell’opera agiografica, però, sembra aver distolto il regista dal curare la psicologia del protagonista. Lo si nota già nell’incipit, quando la vocazione del giovane Jorge viene liquidata appena in una manciata di minuti. Segue, quindi, il lungo racconto degli anni della sanguinosa dittatura di Varela (1976-1981), che si estende fin oltre la metà del film. Una ricostruzione certamente rigorosa dei fatti, che tuttavia non produce un affondo soddisfacente né sulla questione dei desaparecidos, né sulla figura del futuro Papa.
Nella parte conclusiva gli avvenimenti si susseguono frettolosamente e, tra un brusco salto temporale e l’altro, si giunge alla fatidica elezione al soglio pontificio, con tanto di chiusura (evitabile) con immagini di repertorio.
E così, dopo novantaquattro minuti che hanno come comune denominatore la latitanza delle emozioni, resta la sensazione che questo instant movie non aiuti lo spettatore a scavare in profondità il “Papa della gente”.

Voto: 2/5

Chiamatemi Francesco – Il Papa della gente, Italia, 2015. Regia: Daniele Luchetti. Interpreti: Rodrigo De la Serna, Sergio Hernández, Muriel Santa Ana, José Ángel Egido, Alex Brendemühl. Durata: 1h e 34’.

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