


New York, 1933. Noodles entra nella fumeria d’oppio cinese. È devastato dal dolore, gli amici di una vita sono morti. Fuma per dimenticare, poi si adagia sul letto, fissa nel vuoto e sgrana un sorriso di pace. È il finale di C’era una volta in America, il capolavoro assoluto di Sergio Leone, e il sorriso di De Niro sembra essere quello del regista romano, che gioisce per aver compiuto il film dei suoi sogni. Prima delle riprese, il film aveva assunto già l’alone del mito, visto che c’erano voluti oltre dieci anni per la stesura della sceneggiatura. E mentre lo script era in preparazione, Leone “girava il film nella sua mente” ricorda Enrico Medioli, uno degli sceneggiatori. Tanto che una volta arrivati sul set, sapeva già esattamente ciò che voleva. Si racconta che la lavorazione del film lo provò moltissimo: il suo obiettivo era la perfezione. Seguì personalmente perfino il doppiaggio, perché “un solo starnuto, un colpo di tosse, o una sola porta sbattuta” disse il grande Sergio “e tutto il castello rischia di crollare”.
L’esordio nei cinema italiani avvenne proprio durante l’estate di trent’anni fa, e il pubblico si accorse subito di trovarsi di fronte a qualcosa di memorabile. Dopo tre decenni C’era una volta in America è ancora negli occhi e nelle orecchie del cinefilo. Vedi per caso uno scorcio della Grande Mela e immagini subito i cinque ragazzini del Lower East Side. Pensi che andrai “a letto presto la sera”, e ti viene in mente il malinconico Noodles/De Niro. Senti la straordinaria colonna sonora di Ennio Morricone, e scorrono nella memoria le scene più intense del film.
Quello che nessuno avrebbe immaginato nel lontano 1984, è che C’era una volta in America sarebbe stata l’ultima pellicola diretta dal Maestro. Leone morì cinque anni dopo, appena sessantenne, lasciandoci pochi ma grandissimi film e un vuoto incolmabile.


