IL CAPITALE UMANO E LA STRADA VERSO L’OSCAR

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Il capitale umano di Paolo Virzì è uno dei migliori film italiani degli ultimi anni e, quindi, è stato giustamente proposto dall’Italia agli Oscar 2015, con l’obiettivo di entrare nella cinquina della categoria “Miglior film straniero”.
All’annuncio della scelta, lo scorso 24 settembre, è iniziato a serpeggiare tra gli italiani un inspiegabile scetticismo. Per giorni mi è capitato di sentire o leggere sul web commenti del tipo: “Ma gli americani possono mica capire un film ambientato in Brianza?”. Ė un pensiero totalmente privo di senso. Certo, non potranno afferrare la sottigliezza dell’inflessione lombarda da borghesuccio arricchito di Fabrizio Bentivoglio, che è una vera chicca. Ma, per il resto, Il capitale umano ha pregi che possono essere universalmente percepiti.
Innanzitutto, ha una caratteristica che accumuna tutti i film ben fatti: per l’intera sua durata non guardi mai l’orologio. Merito di una solida sceneggiatura ottimamente spruzzata dell’ironia virziniana, che per l’occasione si tinge di nero. Poi il cast perfetto: dal cinico cialtrone di Bentivoglio al viscido broker di Fabrizio Gifuni, dall’isterica moglie infelice di Valeria Bruni Tedeschi alla solare psicologa in dolce attesa di Valeria Golino, tutti recitano al meglio e si incastrano perfettamente nella struttura alla Tarantino fatta di capitoli farciti di flashback.
Negli USA il film di Virzì ha ottenuto ottime recensioni dagli autorevoli Variety e The Hollywood Reporter, e al Tribeca Film Festival la Bruni Tedeschi ha vinto il premio come miglior attrice. Le chance di nomination aumentano se pensiamo che, con l’Oscar a La grande bellezza, il nostro cinema ha riacquistato un peso a livello internazionale che un po’ era svanito negli ultimi anni.
In bocca al lupo a Virzì & Co., perché se è vero che l’Academy spesso è ruffiana e non vince sempre il migliore, l’Oscar resta comunque il premio più ambito e più prestigioso.

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