CAFÉ SOCIETY. RECENSIONE

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Anni ’30. Bobby Dorfman (Jesse Eisenberg) è un giovane di famiglia ebrea che, stanco di lavorare nella gioielleria del padre, si trasferisce da New York a Hollywood per cercare fortuna nel mondo del cinema. Comincia a lavorare per suo zio Phil (Steve Carell), un potente agente delle star hollywoodiane, e perde la testa per l’attraente segretaria Vonnie (Kristen Stewart), con la quale intraprende una relazione sentimentale tribolata. La love story finisce male e Bobby torna nella Grande Mela, dove si rifà una vita. Ma dopo anni, il destino lo rimette di fronte alla sua vecchia fiamma.
“Vivi ogni giorno della tua vita come fosse l’ultimo. Prima o poi c’azzeccherai!”. Battute fulminanti, ritmo incalzante e tanto romanticismo. È un Woody Allen in grande spolvero quello di Café Society, quarantasettesimo film da lui diretto. L’ottantenne regista racconta l’amore in tutte le sfaccettature, facendoci assaporare l’ardore della passione e lo shock della delusione, l’ebbrezza dell’illusione e la nostalgia di chi sogna ad occhi aperti l’amor perduto. I colori e le luci del grande Vittorio Storaro accrescono il fascino del film, così come le efficaci sottotrame aiutano a vivacizzare la narrazione. Jesse Eisenberg è un ottimo alter ego di Woody, mentre alcuni personaggi di contorno (come gli spassosissimi genitori del protagonista Bobby) sono il veicolo giusto per riflettere (con la consueta ironia) sulla vita, la religione e l’essere umano.
I detrattori dell’ultimo Allen diranno che sono cose già viste nel suo cinema. Ma la maestria con cui il regista newyorkese le rielabora e le reinventa rendono Café Society un film davvero intenso ed emozionante.

Voto: 4/5

Café Society, USA, 2016. Regia: Woody Allen. Interpreti: Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Steve Carell, Blake Lively, Parker Posey. Durata: 1h e 36’.

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