BRONX: IL FILM DI ROBERT DE NIRO COMPIE 25 ANNI

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Nel settembre del 1993, un Robert De Niro cinquantenne riceveva il Leone d’oro alla carriera a Venezia e presentava in concorso la sua opera prima da regista, Bronx, storia di un bambino italoamericano degli anni Sessanta diviso tra l’amore per il padre, l’onesto conducente di autobus Lorenzo, e l’ammirazione per il carismatico gangster Sonny, boss del suo quartiere.
Tutto era cominciato quando De Niro assistette alla pièce  teatrale A Bronx Tale dell’allora sconosciuto Chazz Palminteri, un one man show in cui l’attore di origini siciliane interpretava trentacinque personaggi. Bob fu letteralmente conquistato da quello spettacolo avvincente, che Chazz aveva riempito di elementi autobiografici. Palminteri curò anche l’adattamento per il grande schermo e vestì i panni di Sonny: con il suo volto da duro, il fisico imponente, lo sguardo acuto e penetrante, Chazz entrò immediatamente nelle grazie di critici e spettatori.
Venticinque anni dopo, Bronx dimostra di resistere bene alla prova del tempo. La regia di De Niro – chiaramente influenzata dal cinema di Sergio Leone e Martin Scorsese – è apprezzabile, priva di sbavature e sfrutta al meglio una sceneggiatura caratterizzata da battute e scene madri che lasciano il segno. De Niro (nel ruolo di Lorenzo) e Palminteri capeggiano un cast ricco di facce giuste in un film dal messaggio così forte da restare ben impresso nella mente (“Ricorda che la cosa più triste nella vita è il talento sprecato. Puoi avere tutto il talento del mondo, ma se non fai la cosa giusta, non succede niente”).
Quello che, però, colpisce in particolare di Bronx rivedendolo oggi, è che si percepisce il profondo e sincero amore di De Niro e Palminteri per le proprie origini. Ogni scena, ogni inquadratura, ogni singolo dettaglio ne sono impregnati, rendendo ancora più affascinante la lezione di vita che il giovane protagonista Calogero impara dalla saggezza di Lorenzo e Sonny.

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