ANIME NERE, DOPO IL TRIONFO AI DAVID LA RISCOPERTA

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Nelle discussioni tra appassionati di cinema capita di frequente di dibattere sul valore dei premi, sui meriti dei vincitori e, soprattutto, se abbiano effettivamente un’utilità. In certi casi i premi sono utili, eccome. Proprio in queste settimane stiamo vivendo il caso Anime nere. Nonostante il film di Francesco Munzi sia stato uno dei più acclamati all’ultimo Festival di Venezia, nelle sale italiane ha raccolto la miseria di 900mila euro. I problemi dell’ingiusto insuccesso sembrano essere i soliti: la distribuzione, una programmazione inadeguata nelle sale, un pubblico subissato dalla proposta di troppe commedie che si assomigliano tutte tra loro.
Ecco, però, che il 12 giugno scorso arriva l’inaspettato (ma giustissimo) trionfo ai David di Donatello (9 premi: film, regia, sceneggiatura, produzione, fotografia, colonna sonora, canzone originale, montaggio, fonico di presa diretta) e Anime nere vive una seconda vita grazie al ritorno nelle sale, ai cineforum e all’home video.
Così il pubblico si ritrova a scoprire uno dei film italiani più belli degli ultimi anni, un potente affresco sulla remota provincia calabrese divorata dalla ‘Ndrangheta, frutto di una solida sceneggiatura scritta in collaborazione con Gioacchino Criaco, autore dell’omonimo romanzo, che è stata poi tradotta magistralmente sullo schermo da Munzi e recitata benissimo da un cast ispirato (in cui spicca l’intensità dolente del protagonista Fabrizio Ferracane).
Il problema, però, resta e va risolto, perché per un film di valore recuperato ce ne sono tanti altri dello stesso livello che cadono nell’oblio senza essere ritrovati. Un lusso che il nostro cinema non può e non deve permettersi.

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