


“Non sapevo che fare, che inventare… E così… optai per il mare!”. Voce calda e sensuale, fascino tenebroso, look da avventuriero: è Manuel Fantoni alias Angelo Infanti, uno dei più bei personaggi del cinema di Carlo Verdone, che ci ha sedotti tutti con i suoi racconti, con la sua magnetica presenza, prima di confessarci che non era vero niente, che ci stava raccontando solo un sacco di “fregnacce”.
In occasione del suo terzo film, Borotalco (1982), Verdone scrisse la parte apposta per lui ispirandosi all’incontro in cui si erano conosciuti, a casa di Sergio Leone, quando Angelo gli raccontò dei suoi viaggi avventurosi, delle sue esperienze straordinarie, delle sue innumerevoli conquiste amorose. “A ogni aneddoto, si apriva uno scenario improbabile, affascinante in cui distinguere il vero dal falso era un’impresa. Saresti stato ore ad ascoltarlo”, ricorda Carlo.
La sua carriera di attore in qualche modo fu movimentata come la sua vita privata. Western all’italiana, poliziotteschi, thriller e persino sexploitation, ma anche partecipazioni in grandi produzioni straniere, tra cui Il padrino (1972) di Francis Ford Coppola.
Poi l’incontro con Verdone, che prima gli diede la parte del playboy che seduce l’infelice Magda in Bianco, rosso e Verdone (1981), e successivamente quella di Manuel Fantoni che gli fece vincere il David di Donatello. Con questi due ruoli Angelo toccò l’apice della fama e, con l’incursione nella commedia, diede la dimostrazione di essere uno dei caratteristi più completi della sua epoca.


