


Seymour Levov detto “lo Svedese” (Ewan McGregor) è l’emblema del sogno americano. Ex campione sportivo, è affascinante e affabile, ha una moglie bellissima (Jennifer Connelly), una bambina che lo adora e ha ereditato dal padre una florida azienda che produce guanti. Il suo mondo dorato va in frantumi quando sua figlia Merry (Dakota Fanning), ormai adolescente, rifiuta e comincia ad odiare il modello familiare, si fa travolgere dalla contestazione del ‘68 e compie un attentato terroristico che provoca una vittima.
Alla base dell’esordio registico di Ewan McGregor, come molti sapranno, c’è l’omonimo romanzo di Philip Roth, vincitore del premio Pulitzer e ritenuto quasi all’unanimità un capolavoro, che racconta in oltre quattrocento pagine quel segmento fondamentale della storia americana che va dal secondo dopoguerra fino agli anni della conflitto in Vietnam. Come a non voler strafare alle prese con un’opera di tale portata, McGregor ha optato per una narrazione semplice, lineare, mettendo al centro i rapporti familiari, in particolare quello tra “lo Svedese” e Merry. L’attore scozzese è convincente nell’incarnare il dolore straziante di un padre che si domanda incessantemente dove abbia sbagliato, senza trovare risposte, ed è sempre credibile nel mostrarci l’amore inesauribile di un genitore verso la figlia. Anche Jennifer Connelly e Dakota Fanning brillano per intensità, soprattutto alle prese con le zone d’ombra dei propri personaggi, e nei duetti con McGregor regalano alcuni momenti emozionanti. Dove, invece, American Pastoral incide meno è nel dipingere il contesto storico-sociale-culturale, che per larghi tratti viene messo in secondo piano.
A livello visivo, occhio alle scelte cromatiche con cui viene sottolineata la parabola discendente della famiglia Levov e alle scenografie di Daniel B. Clancy, ispirate ai quadri di Edward Hopper.
Voto: 3/5
American Pastoral, USA, 2016. Regia: Ewan McGregor. Interpreti: Ewan McGregor, Jennifer Connelly, Dakota Fanning, David Strathaim. Durata: 1h e 48’.


