


Da stamane l’Italia piange la scomparsa di uno dei suoi figli prediletti. Ezio Bosso, compositore, direttore d’orchestra e pianista di fama internazionale, si è spento all’età di quarantotto anni dopo quasi un decennio di lotta contro un’implacabile malattia neurodegenerativa.
La notizia ha commosso l’intero Paese, e un senso di vuoto ha contagiato gli italiani con la stessa velocità con cui arrivavano al cuore le sue note. Anche il mondo del cinema si è sentito orfano e non poteva essere altrimenti, visto l’importante contributo che Ezio aveva saputo dare sin da giovane firmando colonne sonore di lungometraggi, documentari e corti. Tra i film da lui musicati, ricordiamo Un amore (1999) di Gianluca Maria Tavarelli, Ribelli per caso (2001) di Vincenzo Terracciano, Il dolce e l’amaro (2007) di Andrea Porporati, ma soprattutto Io non ho paura (2003), Quo vadis, baby? (2005) e Il ragazzo invisibile (2014), tutti e tre diretti da Gabriele Salvatores, con il quale aveva instaurato un feeling profondo.
Il suo legame con la settima arte era del resto il frutto di una passione radicata. Non a caso, già a partire dagli anni ’90, si era dedicato spesso alla realizzazione di musiche per pellicole dell’epoca del muto, come The Lodger (1927) di Alfred Hitchcock o i cortometraggi di Georges Méliès.
Diversi i riconoscimenti scaturiti dalla sua attività per il grande schermo, tra cui spiccano due nomination ai David di Donatello, ottenute grazie a Io non ho paura e Il ragazzo invisibile. Vi lascio proprio con le note create da Bosso per il primo di questi due film: non c’è modo migliore per ricordarlo se non attraverso una delle sue composizioni più emozionanti.


